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Il nuovo illuminismo.



Premessa.

La storia ci insegna che il mondo, nella sua complessità, si sviluppa attraverso cicli, segnati da un inizio e da un termine.
E questo vale per gli esseri umani e per le loro opere. Una transizione che, per assumere un significato, per lasciare una traccia indelebile, deve essere improntata al futuro: a coloro che verranno dopo di noi.
Non occorrono grandi opere, sono sufficienti piccoli gesti, tangibili, concreti, purchè siano rivolti al bene comune. L’unico vero obiettivo per il quale dobbiamo impegnarci tutti, ciascuno per la propria parte.

Un lume da riaccendere.

Come è noto il termine illuminismo deriva dalla definizione di “Età dei lumi “, l’etichetta con la quale i filosofi e i pensatori del XVIII° secolo, intesero identificare il loro tempo.
E, in quei tempi, il lume in questione era quello della ragione che, dopo secoli di oscurantismo, era tornato a portare la luce, laddove, prima c’erano le tenebre.
La loro missione era quella di migliorare il mondo.
Oggi, a distanza di oltre un secolo da quella stagione, pare che il buio stia ritornando ad oscurare le menti e il mondo. Occorre riaccendere quella fiammella che diffonda la luce, partendo dal presupposto che la cultura, come scrive Marina Garces, docente di filosofia all’Università di Saragozza, è liberatoria solo se ha come scopo quello di aumentare la consapevolezza di tutti, anche al fine di ricostruire un’etica del pensiero.
E senza mai disgiungere questo pensiero, da quello di amare la realtà, la vita.
La Garces si pone un interrogativo: non ci sono più maestri, forse è vero, ma se il tempo in cui viviamo, avesse finalmente bisogno di buoni allievi?
Una domanda profonda, ma che racchiude una sollecitazione: quella di dar vita ad un nuovo illuminismo fondato, anche, sulla responsabilità personale.

Uno sguardo al passato.

L’illuminismo non si proponeva soltanto l’obiettivo di cambiare il mondo, voleva cambiarlo anche attraverso la ragione. E la ragione è presente in ogni uomo, insieme alla coscienza. E in questo senso è particolarmente emblematica la definizione che Immanuel Kant, nel 1784, diede, dell’Illuminismo, attraverso la pubblicazione del suo saggio “Risposta alla domanda: che cosa è l’illuminismo?”.
Risposta espressa con la celebre frase “Sapere aude”. Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza.
Un dogma che Kant spiegò come” L’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso “. Vale a dire l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un’altra persona e quindi un limite derivante, non dalla mancanza di intelligenza, ma del coraggio di fare uso del proprio intelletto, senza essere guidati da un altro, da pensieri oscuri. In estrema sintesi: “Sapere aude! “E’ questo il motto dell’illuminismo.
Jean- Jacques Rousseau, riteneva che la società avesse imboccata la strada sbagliata, fondata sulla prevaricazione dell’uomo sull’uomo. Sosteneva che occorreva ritrovare la purezza delle origini, anche tramite forme di democrazia diretta.
L’illuminismo influenzò anche altri ambiti, come quello artistico, sia pure in tono minore, perché esaltava il ruolo della ragione e sminuiva quello delle passioni, dei sensi e delle emozioni. Non a caso, nel secolo successivo, quello del Romanticismo, l’arte rifiorisce in ogni settore.

Il nostro tempo.

Sono trascorsi tre secoli dal tempo in cui fiorì l’illuminismo e la fiammella si è spenta. Il buio è tornato ad avvolgere le menti e la coscienza degli uomini, e la realtà attuale ci consegna un mondo in frantumi. Un mondo nel quale la prevaricazione degli uomini, verso altri uomini percepita dagli illuministi, pare essere divenuta una abitudine che diffonde dolore e sofferenza. Una sofferenza interiore, che non si cura con alcun farmaco. Il suo nome è paura di ammalarsi, di morire, tristezza, malinconia, sino a divenire disperazione. I chiari sintomi di uno stato emotivo che prevale sulla sfera razionale, come ogni volta in cui la mente non riesce più a razionalizzare ciò che sta accadendo nella nostra esistenza. Si sono diffusi comportamenti, finalizzati ad ottenere qualcosa dal prossimo, facendo ricorso all’inganno, attraverso parole, azioni che in apparenza gratificano, ma non altro non sono che falsità. Per soggiogare la mente delle persone, attraverso promesse di salvezza, di libertà. Poi tutto svanisce nel nulla, non prima di aver rilevato la sua vera natura. Il gesto peggiore che si possa compiere verso una persona: tradirne la fiducia.

Gli scenari.

Lo scenario descritto porta alla diffusione di uno status cognitivo e comportamentale che rischia di durare a lungo, almeno sino a quando il cervello non riuscirà a metabolizzare questo malessere, grazie alla plasticità mentale, vale a dire alla capacità del cervello di trasformarsi in tempi rapidi e di adattarsi ai nuovi scenari, compresa anche questa dimensione del mondo nel quale viviamo. La mente disegna un cammino di conquiste e sconfitte, di acquisizione e di perdite, come una successione di impulsi, di onde. E questo avviene da migliaia di anni.
E’ giunto il tempo di ritrovare quel senso dell’armonia e della misura che richiama le idee, attraverso il pensiero, le emozioni, i sensi e le passioni. L’Arte può essere uno strumento attraverso il quale rinnovare questo equilibrio, un equilibrio che potrà esaltare i valori etici e le virtù del genere umano.
Il tempo dei filosofi illuministi, coloro che sanno pensare, spiegare e raccontare, in modo chiaro e accattivante, il proprio pensiero.
Un pensiero, la cui portata rivoluzionaria consiste nel sostituire l’etica somatica, quella legata ai valori dei beni materiali e del corpo, con l’etica psichica che
conferisce maggior pregio e consente di privilegiare le attitudini, i valori e i talenti dell’anima.
Le nuove virtù, smarrite nell’oblio, sono la consapevolezza che l’anima nutre la ragione e che la scienza è un ricostituente della ragione. Socrate riteneva che questa visione valesse sia per l’anima, che per l’uomo.
Tali virtù hanno una forte componente politica e quindi assumono una dimensione civica, oltre che etica e contribuiscono a creare la felicità del singolo uomo e della Comunità.
Questo pensiero ci conduce a un nuovo modello di felicità che risiede nell’interiorità dell’uomo, sostituendolo a quello dei falsi miti: la salvezza dalla malattia, la diffidenza nei confronti di coloro che esprimono un pensiero diverso, un immaginario benessere materiale.

Il nutrimento dell’anima.

Nel corso dei millenni si sono elaborate due diverse ipotesi: il dualismo che individua una sostanza spirituale, l’anima e la sostanza materiale, il corpo; il naturalismo che riconosce soltanto l’esistenza con il cervello.
Prendersi cura dei propri figli, dei propri cari o di altre persone dovrebbe essere una regola di vita, irrinunciabile. Per la scienza si tratta di una maggiore produzione di ossitocina e vasopressina, unitamente a uno stato di empatia.
Di contro, dinnanzi a un pericolo, o a privazioni socio-economiche, aumentano i livelli degli ormoni che rilasciano le molecole dell’amore, della fiducia e della sicurezza, proprio per cercare di superare i momenti negativi.
In questi processi, così complessi da studiare e recepire, anche da parte della scienza, l’anima riveste un ruolo particolare: sviluppa quei sentimenti d’amore che la madre prova verso il figlio, che rendono gli esseri umani comprensivi e buoni verso coloro che soffrono. E’ necessario che si generi una bolla d’amore che avvolga ed aiuti ad affrontare le sofferenze psicologiche, fisiche e spirituali. E’ sempre l’anima che ci soccorre nei casi in cui siamo tristi, depressi, spaventati. Per quale motivo avviene questo fenomeno?
Perché la nostra essenza spirituale mette in funzioni quelli che si possono definire i neuroni specchio, che sono retaggio dell’apprendimento e di quella forza interiore che non è collocata in alcun organo del nostro corpo e che ci consente di superare anche i momenti difficili, come quelli attuali.
E’ un processo che si autoalimenta, perché l’amore che riceviamo dai nostri genitori, la comprensione, l’aiuto che ci vengono donati da altre persone, rappresentano il nutrimento dell’anima. Quella riserva che viene utilizzata nei momenti difficili della vita e, senza queste risorse, il nostro organismo si fermerebbe, compreso il cervello.
Se ne deduce che è l’anima che controlla il corpo e non il cervello.

L’angoscia e la serenità.

La tesi sopra descritta è dimostrata da una analisi che può essere facilmente compiuta. Essa ha radici profonde, come la storia dell’uomo, ma spesso viene
dimenticata: la fragilità dell’essere umano, al di là della sua conformazione fisica e spirituale, della sua posizione sociale ed economica. Una fragilità che si manifesta attraverso la sua paura: la paura di affrontare una esperienza nuova, un esame, da quello di maturità, a quelli universitari, da quella che precede la prova per ottenere la patente di guida, a quella di trovare un lavoro. O di guarire da una malattia, diffusa da una terribile pandemia. Ma si tratta di un paradosso, oppure di una visione distorta della realtà?
Cartesio riteneva che “E’ capitato a chiunque di avere l’esperienza di essere ingannato dai sensi, certe cose che sembrano avere certe caratteristiche, ma non le
hanno”. E cita l’esempio del bastone immerso nell’acqua che appare piegato ad angolo, ma non lo è, perché il bastone nell’acqua è dritto. Si tratta quindi di una illusione ottica. A questo esempio ne potremmo aggiungere molti altri, quali la paura della malattia, del dolore, che si oggi si preferisce non vedere o evitare quando capita agli altri, ma quando ci riguarda siamo spaventati. Sono molte le paure che dobbiamo affrontare nella nostra esistenza, alcune le superiamo, altre no.
Esiste, tuttavia, un antidoto contro la paura: non è un farmaco, né una favola.
E’ un sentimento e il suo nome è speranza. La meravigliosa compagna di cui nessuno può fare a meno. La speranza è messaggera d’amore. Rappresenta la luce che ci consente di uscire dalle tenebre. La paura e la speranza sono due sentimenti che possono conferire un senso molto diverso alla nostra esistenza, così come scrisse Sant’Agostino, il grande padre della Chiesa latino-occidentale: “L’inquietudo e la beatitudo “ , vale a dire l’angoscia e la serenità.

Il nuovo cammino.

E’ giunto il momento di intraprendere un nuovo cammino, che conduca alla meta cui tutti, più o meno consapevolmente, agognano: la vera libertà dell’uomo, quella condizione che consente ad ogni uomo e donna di potere esprimere le proprie capacità intellettuali, senza pregiudizi che siano un ostacolo, spesso, insormontabile.
Occorre intraprendere un viaggio fra un altrove temporale, quello della storia pensata come orizzonte lontano e un altrove spaziale: quello del pensiero.
Il vero e unico strumento per giungere alla meta sarà la cultura, che rende l’uomo libero.
Sarà necessario compiere studi filosofici e sociologici, Ascoltare e indagare l’animo umano, attraverso l’insegnamento di Talete, secondo cui, l’uomo “Ha due orecchie e una bocca. Per ascoltare, prima di parlare”.
Oggi viviamo tempi in cui pochi ascoltano gli altri, e molti parlano senza ascoltare.
Senza prestare attenzione al pensiero altrui, che, se udito, potrebbe essere compreso e finanche condiviso.
E senza potere sciogliere l’antico dilemma: quello del re, che ogni notte sogna di essere una farfalla che vive in una situazione equinoziale di uguaglianza di giorno e di notte, e che alla fine deve porsi il problema di cosa sia egli. E’ veramente un re che durante la notte sogna di essere una farfalla? Oppure è, invece, una farfalla che durante il giorno, in letargo, sogna di essere un re?

La culla del nuovo illuminismo

Il nuovo pensiero illuminista nascerà in un laboratorio di idee, di produzione intellettuale.
Una culla, intesa quale luogo in cui lo studio, la ricerca, la diffusione del nuovo pensiero, saranno intrecciati tra di loro. I cantori di questa rinascita delle coscienze, non saranno i sapienti, ma i portatori di questo nuovo pensiero che sarà integrato dalle riflessioni di persone che vogliono tornare ad essere spiriti liberi e questo modello sarà la struttura portante della fucina in cui, i bruchi diventeranno farfalle.
Per il bene comune e per non sentirsi dire, dalle generazioni future “In quel tempo, vi siete seduti e siete rimasti a guardare”.

Loris Mauro.

Ottobre 2020