
Mauro Loris
“Lazzaro, l’uomo che aveva perso il passato“
E una storia vera, quella narrata in questo volume.
L’autore il signor Loris Mauro, imprenditore piemontese vede la propria azienda andare in frantumi a causa della crisi economica e sprofonda nello sconforto, inoltre una banale caduta gli causa una grave emorragia cerebrale che sembra essergli fatale; ex degente presso l’U. O. di Neurologia del presidio Beata Vergine Consolata di San Maurizio Canavese. Dopo la malattia e la riabilitazione, il suo atteggiamento verso la vita è cambiato.
Lo narra in questo libro che lo scorso 16 ottobre, durante una giornata formativa presso il nostro Presidio riabilitativo ha così raccontato:
«La storia di Lazzaro è un inno alla vita, perché è stato scritto da chi la vita la stava perdendo, da un sopravvissuto come me, perché tale mi considero.
E ho capito che non c’è nulla di più struggente e di più bello che assaporare il gusto della vita, quando si giunge così vicini alla morte come lo sono stato io. Un ritorno alla vita: questo è il senso del racconto che, nel mio caso, ha svolto anche la funzione terapeutica di ritrovare il mio passato che, a causa della conseguenze del grave trauma cranico che ho riportato, credevo di aver perduto. Per sempre.
Rivedere la luce, dopo aver provato l’angoscia dell’oscurità che avvolgeva la mia mente, privandomi della capacità di elaborare pensieri articolati è stata la condizione essenziale per sentirmi vivo.
Il racconto del viaggio che ho compiuto negli ultimi anni della mia vita è stato un fondamentale esercizio per la mia mente, stimolata a ricordare una parte del passato e a comprendere il presente; ha rappresentato anche rievocazione delle sofferenze vissute e una rivisitazione delle emozioni profonde che portavo impresse nell’anima. Ma è anche un canto d’amore rivolto a tutti coloro che mi hanno aiutato e mi sono stati vicini nel momento più difficile della mia esistenza. Mi riferisco al tempo che ha preceduto il mio incidente e ai due anni successivi, sino ad oggi. Sono molte le persone a cui devo tanto, a partire da Roberta, mia moglie, per giungere a comprendere tutti coloro che hanno sperato, pregato per me.
Dopo aver conosciuto la disperazione più cupa, quella che non ti abbandona mai, quella per cui ogni giorno appare come un tormento, un calvario da affrontare, mi sono sentito rinascere.
Circondato da un affetto profondo e continuo, giorno dopo giorno mi rendevo conto che questo amore così palpabile, rappresentava per me la salvezza.
E, proprio qui, ritrovavo la forza fisica, psicologica e spirituale necessaria a tornare alla normalità.
Il mio corpo, la mia mente e la mia anima venivano alimentati da questo amore: a poco, a poco, tornavo alla vita.
E anche un canto di speranza. Speranza nel Signore che non ci abbandona mai, speranza nel futuro, nella vita, nella comunità di cui facciamo parte.
La speranza è la compagna più importante della nostra esistenza, ci aiuta a comprendere il significato della sofferenza ed è divenuta una risorsa fisica, psicologica e spirituale che ha contribuito a farmi divenire un uomo felice.
Così come anticipò Sofocle con la sua antica ed oscura profezia: “nessun mortale dobbiamo stimare felice prima che abbia oltrepassato il termine della sua vita senza aver mai sofferto alcun dolore”.
E così è stato anche per me, un sopravvissuto».
Elvio Frigerio